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Quando si parla di conservazione sostitutiva o conservazione digitale, si sente parlare poco di digitalizzazione dei processi, intesa come la dematerializzazione dei flussi informativi e quindi dei record invece che dei singoli documenti visti come contenitori documentali.

Si sente parlare in pratica di normativa, tecnologie, standard, documenti, file, ma allo stato attuale nessuno  cosa significa digitalizzare un processo visto come la dematerializzazione dei flussi documentali.

Quindi? Quindi la conservazione digitale così come la conosciamo non esiste più.

Oggi infatti siamo sommersi da dati e informazioni digitali che molto spesso non sono rappresentabili in un documento (file o fascicolo). Abbiamo il contenuto, ma non il contenitore di quelle informazioni. Nonostante i documenti digitali ci sommergano, è altre vero che tutte le informazioni che spesso vengono rappresentate in forma documentale, sono già presenti in tutti i nostri sistemi informativi aziendali. E spesso andiamo a creare documenti da informazioni che già abbiamo, ma in forma e formati diversi.

Parliamo di Cloud, di Rete, di Web e poi per conservare abbiamo i pacchetti di archiviazione, i supporti fisici, il luogo di conservazione dei documenti e tutto il resto che è così legato a qualcosa che sia fisicamente ed oggettivamente percepito come oggetto e non come dato. Che è una logica sbagliata, se guardiamo al concetto di rete, di condivisione e di processi.

Del resto abbiamo già visto come il DPCM del 13 novembre 2014, insieme al regolamento eIDAS in vigore dal 1 luglio del 2016, ci ricordano che la definizione di documento informatico è molto più vasta rispetto al contenitore documentale che abbiamo in mente.

Già oggi sappiamo che un documento informatico a valore probatorio è anche un formato diverso da quello che noi oggi pensiamo, ovvero ad esempio un audio, un video o qualsiasi documento che nasce in formato digitale. Si pensi ad esempio al Web Form e a tutti i moduli che compiliamo on-line anche quando facciamo un acquisto su un canale e-commerce e forniamo i dati della nostra carta di credito. Questi sono esempi di documenti informatici, di record e che devono avere la certezza probatoria, devono poter raccontare certezza, integrità, immodificabilità, etc… Dovremmo dunque digitalizzare i processi e non i documenti, anzi digitalizzare i record e le informazioni.

Del resto, che cos’è la conservazione digitale se non un processo? E se è un processo, possono quindi essere condotte analisi mirate alla sua ottimizzazione attraverso gli strumenti matematici e statistici che stanno alla base delle metodologie di analisi dei processi. 

In relazione ai processi, il documento non è più nell’ottica immaginaria di un PDF o un oggetto o un file informatico ben definito, ma diventa un record, una informazione digitale, un dato digitale che deve essere gestito e conservato.

Potremmo avere problemi ad esempio con i documenti contabili e fiscale?

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 18/E del 24 Giugno del 2014, ci disse che per fattura elettronica non si intende soltanto il documento che viene emesso in formato digitale apponendo una firma digitale, ma anche un documento inteso come un tracciato record gestito da sistemi di controllo di gestione atti a garantire l’integrità, l’immodificabilità, l’autenticità e la certezza di quelle informazioni contabili.

Oggi la fattura elettronica è un file XML, domani potrebbero viaggiare anche tramite lo SDI, soltanto le informazioni contenute nel file XML e la sottoscrizione elettronica potrebbe essere fatta con strumenti molto simili alla firma remota e che garantirebbe l’integrità delle informazioni.

Conservare record e informazioni invece che documenti, significa avere le necessarie linee guida per realizzare un sistema di conservazione di record, indipendente dal tipo di tecnologia scelta e dalla normativa, quindi assolutamente interoperabile, dove diventa di vitale importanza definire policy, procedure, strumenti e regole pratiche per conservare informazioni e quindi avere, in modo dettagliato, i ruoli e le responsabilità degli utenti e degli stakeholders che fanno parte del sistema di records e del processo, attraverso una organizzazione dei modelli relazionati alle informazioni che devono essere conservate.

Solo così, possiamo davvero vedere la dematerializzazione come un processo e non come una semplice distruzione cartacea. Anche la conservazione nativa digitale, se la vediamo in quest’ottica, permette di esprimere e dare evidenza di tutti i vantaggi che una digitalizzazione porta all’interno di aziende e PA.

E per farlo, serve dimenticarsi del PDF per concentrarsi solo ed esclusivamente sulla corretta gestione e conservazione delle informazioni digitali e dei record.

Dobbiamo avere quindi un sistema di conservazione, che non è un semplice software, ma un sistema complesso capace di avere:

  • Rappresentazione di un fatto (informazione) con caratteristiche probatorie e quindi opponibile a terzi;
  • Processi, metodologie e regole per la gestione dei record attraverso un sistema di conservazione che non gestisca solo documenti e fascicoli;
  • Informazioni strutturate e la capacità di conservare il contesto del record e quindi la sua informazione descrittiva;
  • Classificazione dei record in base ai tipi, ai metadati e alla loro strutturazione nonché legami con altri sistemi o altri record;
  • Modelli archivistici e ciclo di vita dei documenti e dei record gestito secondo processi di auditing che siano compliance con la normativa italiana e con le attuali regole tecniche;
  • Molteplici relazioni tra record secondo precise metodologie, dove il sistema documentario e sistema di conservazione dei record sia capace di gestire i metadati e i contenuti anche versionati e gestiti tramite un processo che li rende immodificabili e legati al record;

Anche la nuova ISO 15489 va in questa direzione.

A breve dovremmo confrontarci tutti sulle nuove regole tecniche, come sancito dalle modifiche del Codice dell’Amministrazione Digitale con il DLGS 179/206, quale occasione migliore per rivedere i processi di conservazione e digitalizzazione documentale?

Dovremmo abbandonare quelle che sono le logiche attuali della conservazione digitale e cambiare anche quanto indicato dai DPCM del 13 novembre 2014 e DPCM del 3 Dicembre 2013. Dovremmo guardare alla conservazione digitale 2.0, dove il documento come contenitore non esisterà più, ma esisterà solo il contenuto e dove non avrà più senso parlare di pacchetto di versamento, archiviazione e distribuzione e dove invece dovremmo essere in grado di pensare per processi, garantendo efficacia probatoria e certezza dei sistemi informativi e dell’intero processo di conservazione a norma.

Mastercopy Group è disponbile ad incontrare i propri clienti per illustrare i benefici tecnico/economici di quanto sopra descritto.

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